Oggi architetto interessato ad agire nello spazio pubblico, vito Acconci esordisce come poeta, utilizzando la pagina come ambito all’interno del quale disporre le parole. Spostando la sua azione dalla scrittura allo spazio tridimensionale, alla fine degli anni Sessanta, Acconci sviluppa una serie di performance e relative opere in fotografia, film e video, nelle quali utilizza se stesso. In alcuni casi, l’artista tenta di modificare il proprio corpo, studiando in che modo esso si adatti o opponga resistenza a eventuali sollecitazioni. In tale processo, la vulnerabilità è intesa quale elemento di apertura e di contatto con i visitatori. [...]