Nelle opere di Ruth Proctor sembra di poter individuare due tensioni principali strettamente interconnese: l’interesse per la forma geometrica, storicamente legata all’astrattismo costruttivista e alle coeve arti performative, e la fascinazione per un’atmosfera culturale legata al mondo teatrale e filmico del surrealismo e dell’espressionismo.
Il teatro, ripensato attraverso lo studio di Brecht, e l’esperienza della danza, assicurano a Proctor la possibilità di lavorare con linguaggi che non trovano mai una formalizzazione definitiva. Non importa quante prove si facciano – dice Proctor – nessuna rappresentazione sarà uguale ad un’altra. Questa apertura rende l’opera costantemente in movimento e in dialettica con se stessa. [...]