Proprio nel momento in cui si assiste al trionfo dell’animazione
digitale, Rosa Barba volge lo sguardo all’indietro e inizia a sperimentare con
il linguaggio cinematografico e i suoi elementi costitutivi più tradizionali e
obsoleti. Il suo lavoro, che include film, sculture cinetiche e interventi site
specific, si serve infatti delle componenti materiche di questo mezzo
d’espressione. Il proiettore, la pellicola, il fascio luminoso che attraversa
la stanza e il quadrato di immagini che si forma sulla parete opposta sono
esibiti senza gerarchia per comporre un’unica installazione capace di modellare
plasticamente lo spazio. E se il film è solo una parte del tutto, lo strumento
di proiezione è sempre reso visibile, anche quando lo spettatore si ritrova a
osservare nient’altro che pellicole non impressionate che girano a vuoto nella
macchina. [...]