All’inizio degli anni sessanta, prima che i software
digitali rendessero le tecniche di manipolazione delle immagini in movimento diffuse
e accessibili, Pat O’Neill emerge sulla scena californiana con le sue
visionarie sperimentazioni con la pellicola, il montaggio di materiali trovati e
la stampa ottica. Precorrendo di qualche anno gli sviluppi degli effetti
speciali negli studios hollywoodiani,
dà vita a un originale corpus di film anti-narrativi, accompagnati da musiche
elettroniche distorte e stranianti che ne acuiscono le ambiguità percettive.
Per gli effetti si affida soprattutto alla stampante ottica, che gli consente
di prendere in mano una seconda volta le immagini filmate e di manipolarle
direttamente sulla pellicola, producendo doppie esposizioni e sovrapposizioni
di blocchi di colore che logorano e nascondono il contenuto originale. [...]