Nel corso di una carriera trentennale, Diana Thater è riuscita a sviluppare un linguaggio formale molto riconoscibile, caratterizzato da proiezioni luminose dai colori ipersaturi che si espandono nell’ambiente. Senza gerarchie tra la parete frontale, il pavimento, il soffitto o l’angolo della stanza, i suoi video si diffondono in modo disordinato nello spazio e ridisegnano la percezione dell’architettura. Thater ricorre spesso ad angolazioni atipiche, inquadrature ravvicinate e repentini cambi di scala e occupa con sensibilità scultorea la totalità dello spazio con vecchi monitor, pareti posticce e schermi distribuiti a terra in orizzontale. Non è raro che le immagini raggiungano l’esterno dell’edificio attraverso le finestre o incorporino lo spettatore, che si vede trasformato in una superficie di proiezione che ostacola con la sua sola presenza l’uniformità della visione cinematografica. [...]