“All’inizio della mia vita, ho parlato della mia infanzia e ho raccontato
talmente tante cose false che
non ne posso più. Io ho un nonno
rimbambito, un padre cattivo...
ho fabbricato un’infanzia che è il denominatore comune per ciascuno di noi. Più lavoro e più tendo a
scomparire” (Christian Boltanski, Charta,
1997, p.36). Il dialogo
fra individuo e moltitudine, dolore personale e tragedia collettiva, realismo e narrazione romanzata, anima il lavoro
di Christian Boltanski fin dagli anni Settanta.
Acclamato come l’artista
francese vivente più conosciuto al mondo, Boltanski ama definirsi pittore, sebbene non tocchi tela dalla fine degli anni Sessanta; tuttavia le installazioni che crea, usando materiali
e oggetti di varia
natura, soprattutto abiti,
candele, fotografie, luci elettriche, mantengono quel carattere fortemente emozionale più facilmente
riconducibile alla pittura
intesa come mezzo per eccellenza dell’espressione. [...]