Archeologia, 1978
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Giuseppe Spagnulo inizia a lavorare nei primi anni Sessanta. Usa la terracotta per creare dialoghi tra forme geometriche e forme corporee, come ad ancorare a leggi volumetriche l’inafferrabilità dell’individuale.Tra il 1965 e il 1966 cambia linguaggio e materia: dalla terracotta al legno. Da motivi di ascendenza figurativa ad uno schietto astrattismo.
Collegno, Spagnulo dice di aver compreso a pieno il problema dello spazio, e questo è un modo di guardare alla scultura da cui il suo lavoro non si è mai più allontanato.
“La forma non nella sua immobilità di qualsiasi possibile statuaria– scrive Spagnulo – ma violentatrice dello spazio e possibilitata di qualsiasi complicazione strutturale, ossia essa stessa violentata e disidealizzata. Non credo in una forma più perfetta di un’altra, ma solo nella quantità di spazio che una forma riesce a mettere in movimento” (La forma non nella sua immobilità, in L. Caramel, 10 scultori italiani d’oggi, Premio Lissone, 1967 in Giuseppe Spagnulo, opere: 1964-1984, Ed. Panini, Modena, 1984). [...]
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
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