Indipendente, non appartenente a scuole, non partecipe a manifesti
o proclami, nella Roma degli anni Cinquanta, Giuseppe Capogrossi è una figura
anomala, al punto di essere quasi isolato. La novità della sua arte
giunge quando l’artista ha
quarant’anni, dopo due anni di sperimentazione tesa a liberare le proprie opere da relazioni di natura
rappresentativa o metaforica. Con un forte
scarto rispetto alle
esperienze maturate nell’ambito di una pittura figurativa e tonale, i lavori prodotti
a partire dal 1950 si avvalgono di un inedito
linguaggio segnico. [...]