Addentrarsi in una foresta tropicale può essere una necessità quotidiana, un’esperienza avventurosa, sensuale o coincidere con una lotta per la sopravvivenza. Per molti, soprattutto se abituati alla dimensione urbana, può trattarsi di un incontro con una dimensione ignota, capace di far emergere le paure più ancestrali. 16 mm di Daniel Steegman pone gli spettatori di fronte a una situazione che è fisica e culturale allo stesso tempo. Immersi in una piccola stanza buia, ci si trova catapultati in un’altra dimensione – quella di una foresta senza sbocco – la cui immagine trasmessa da un proiettore per pellicola a 16 millimetri si snoda incessante. Prestare attenzione sembra inevitabile: l’avanzamento lento e costante della cinepresa all’interno della foresta offre la visione mutevole di una natura preponderante che l’occhio cerca di decifrare, teso anche a captare eventuali segnali minacciosi. Al tempo stesso, il ritmo costante con cui l’immagine si offre allo sguardo rende l’esperienza visiva astratta dal tema specifico, ponendo interrogativi che riguardano il cinema e la sua struttura. [...]