Le opere di Ali Kazma sembrano possedere un’antica onestà che l’arte è andata
progressivamente perdendo nel corso dell’ultimo secolo. L’onestà di raccontare la
vita con esattezza e schiettezza. Lo si potrebbe definire un “piglio documentario”,
ma possiede in realtà la dedizione e la consapevolezza sociale che fu dei realisti
ottocenteschi e novecenteschi. Si tratta di uno spirito di appassionata osservazione
di tutti i processi con cui l’uomo modifica il proprio ambiente, lo costruisce,
lo cambia e ne è a sua volta cambiato, senza che questo si trasformi in giudizio
o compartecipazione. Anche davanti alle attività degli impiegati di un mattatoio,
Kazma non smette la narrazione oggettiva e minuziosa dedicata all’orologiaio o al
chirurgo. [...]