Dora García ricorre all’installazione e al video ma
anche a disegni e testi, solitamente inseriti all’interno di situazioni
performative dove il suo corpo non compare mai. Siamo in presenza di quelle che
la storica dell’arte Claire Bishop chiama “performance delegate”, nelle quali l’intervento
soggettivo dell’artista è limitato e non ha modo di determinare ulteriori
sviluppi pratici dell’azione, che viene invece affidata ad altri. García
preferisce lavorare come una regista che orchestra la messa in scena a partire
da un copione, accettandone però la forma aperta e il finale indefinito, in una
continua negoziazione del rapporto tra lei, gli attori, il pubblico e l’opera. [...]